Adozione e attaccamento: l’ostacolo del passato

Adozione e attaccamento: la centralità dei modelli operativi interni

La teoria dell’attaccamento mette in evidenza la centralità dei MOI, modelli operativi interni, frutto dell’interiorizzazione di schemi su Sé, gli Altri e le Relazioni dati dalle esperienze interattive vissute durante l’infanzia (Bowlby, 1988).

Ma possono essere considerati tratti stabili e continuativi per tutta la vita?

La domanda sorge in maniera appropriata e critica se si considera la storia, il vissuto di un bambino abbandonato, maltrattato, trascurato, istituzionalizzato al quale viene data una seconda occasione di riscatto grazie all’adozione: continuerà a vedere se stesso, gli altri e il mondo delle sue relazioni con la lente del suo triste passato? E se così fosse, quale potrebbe divenire il ruolo dei genitori adottivi e come gli stessi potranno vivere la relazione?

La relazione che diventa rivincita

Studi piuttosto recenti a riguardo sostengono che:

“è proprio l’esperienza con altri significativi a rendere possibile la revisione dei MOI, permettendo al processo adottivo di essere a tutti gli effetti una vera opportunità di rivincita per i bambini adottati”.

(Palacios, Roman, Camacho 2010).

Tale posizione va comunque relativizzata: nel 2001 Howe afferma infatti che la modificazione dei modelli operativi interni è più probabile per i bambini cosidetti late-placed ovvero che hanno già vissuto una prima forma di attaccamento, e per gli stessi il percorso è nettamente differente a seconda che il passato presenti un attaccamento positivo iniziale, un attaccamento deficitario iniziale o una storia di istituzionalizzazione.

Vediamoli brevemente singolarmente:

# Good start/late placed:
si tratta di bambini che per i primi 2 anni di vita hanno vissuto esperienze d’attaccamento positivo e a seguire episodi di rifiuto, negligenza, trascuratezza e abusi. Il loro è un modello di attaccamento “sicuro” con tratti ansiosi che porterà nel corso dell’adozione ad assumere comportamenti di forte dipendenza e compiacimento per la paura che il passato si ripeta.

# Poor start/late placed:
sono bambini che hanno vissuto una carenza nelle cure dalla nascita al momento dell’adozione sviluppando un modello di attaccamento “insicuro” evitante, resistente o disorganizzato.
Se evitante, vedrà una propensione alla deattivazione del comportamento di attaccamento, la negazione del contatto e della vicinanza e un’invulnerabilità emotiva nella convinzione di non essere degni d’amore; se resistente, sarà caratterizzato da iperattivazione del comportamento adattivo con atteggiamenti possessivi, esasperanti considerando l’altro imprevedibile e incoerente e se stessi non degni; se disorganizzato, mostrerà un senso del sé confuso e una visione dell’altro come spaventato/spaventante frutto del contatto con genitori a loro volta vittime di traumi, lutti, abusi infantili non risolti.
Questi bambini tenderanno a negare qualsiasi bisogno di fidarsi e affidarsi a un altro significativo e/o ad adottare verso se stessi atteggiamenti fortemente punitivi colpevolizzandosi per l’abbandono da parte dei genitori.

# Istitutional care:
l’esistenza di questi bambini è stata caratterizzata dall’istituzionalizzazione fin dalla nascita, condizione che appare la più traumatizzante per quanti adottati in seconda infanzia con un crescendo di gravità tanto più precocemente la stessa sia avvenuta. Questi bambini possono sviluppare o un’assenza di legame di attaccamento o all’opposto, una ricerca indiscriminata di cure e conforto.

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Adozione e attaccamento: il contributo fondamentale dei genitori

Fermando la riflessione a quanto presentato, sembrerebbe che il destino dei bambini adottati sia comunque dettato dal loro passato: nulla di più incompleto.
L’adozione è relazione, e i bambini sono solo una delle due parti in causa del processo accanto, insieme, a confronto con la coppia di genitori adottivi.

Ecco quindi che si rende necessario porre qualche considerazione anche sul parenting, perchè se si vuole far sì che il figlio adottato possa interiorizzare un nuovo modello relazionale, è compito dei suoi nuovi genitori mostrare costante affetto e presenza emotiva, in altre parole fornire la “base sicura” mancata fatta di situazioni altamente prevedibili e continuità e stabilità della relazione.

Ai genitori è chiesto di mentalizzare: accogliere i vissuti, esperire e trasformare le emozioni positivizzandole, attribuendo loro un significato e permettendo al bambino di interiorizzare l’immagine di sé come soggetto dotato della facoltà di possedere stati mentali.
Genitori e figli insieme hanno il compito di ri-costruire e co-costruire i loro vissuti creando un senso condiviso della loro storia in un processo che Susanna Kuciukian definiva di “rielaborazione fantasmatica a distanza“.

Ma attenzione: in tutto ciò non si può non considerare il vissuto genitoriale.

“Il divenire genitori può riattivare conflitti infantili e adolescenziali non sufficientemente elaborati, madri “sicure” hanno con maggiore probabilità bambini che mostrano un aumento della coerenza con rappresentazioni positive di sé, degli altri e delle relazioni; viceversa, madri con stato della mente “irrisolto” hanno bambini che mostrano maggiore aggressività”.

(Kaniuk, Steele, Hodges, 2004).

Le aspettative: l’altro lato dell’adozione

Inoltre, l’adozione porta al momento del suo avvio alla creazione di un “bambino immaginario perfetto” costruito da desideri, fantasie, aspettative, rappresentazioni mentali. L’arrivo del figlio reale conduce inevitabilmente alla perdita del figlio del desiderio e tanto più la coppia si dimostra creativa, accogliente, flessibile, tanto più il bambino si sentirà accettatato così com’è con la propria storia, le proprie risorse e i propri limiti.
In genitori che non hanno elaborato sufficientemente separazioni, perdite, lutti, l’eventuale sofferenza presente nei bambini potrà riattivare il loro dolore.

Ecco perchè le modalità di attaccamento primario sviluppate nel bambino adottato richiedono la loro relativizzazione: il cambiamento non è conseguenza di un insight o dell’elaborazione di un ricordo, ma frutto delle nuove esperienze di relazione che modificano la memoria implicita basata sulle procedure relazionali degli attaccamenti primari (Fonagy, Stern, Ruth) e nella nuova relazione ogni soggetto è carico di lutti da elaborare costituiti dal distacco dal proprio ambiente e dalle persone significative in esso presenti per l’adottato e dalla perdita della vita di coppia e del figlio immaginario per gli adottanti.

BIBLIOGRAFIA

Ainsworth M.D.S., Object relations, dependecy and attachment: a theoretical review of infantmother relationship. Child Development, 40
Attili M., Attaccamento e costruzione evoluzionistica della mente, Cortina, Milano (2007)
Bowlby J., Costruzione e rottura dei legami affettivi, Trad.it. Cortina Ed.
D’Onofrio E., Pace C.S., Guerriero V., et.al., Modelli di attaccamento nei bambini adottati in seconda infanzia e nelle loro madri adottive: un’esemplificazione clinica
Pesce G., Bambini in transito. Costruire legami nell’affidamento famigliare e nell’adozione
Attaccamento e adozione… rischi e sostegno nel cammino adottivo, 14 ottobre 2016

A cura di Adriano Legacci, Elisa Ravazzolo

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